Il Matese è tra le montagne carsiche più importanti e note della penisola. Le sue grotte e i suoi canyon attirano ogni anno centinaia di visitatori, tra speleologi, studiosi o semplici sportivi desiderosi di vivere un’avventura diversa dal solito.
L’esplorazione ipogea è iniziata quasi un secolo fa, e continua a dare risultati entusiasmanti: chilometri di gallerie, sale e meandri. Ad oggi le grotte rilevate e studiate sono oltre ottanta, ma almeno altrettante sono conosciute e in corso di esplorazione.
Pozzo della Neve, la signora del Matese, si apre nelle ombrose faggete del settore nordorientale del massiccio, poco oltre il confine molisano. E’ una grotta famosa tra gli speleologi di tutta Europa. Con una profondità di 1.048 metri dall’ingresso, è stato tra i primi abissi italiani a superare la mitica soglia dei mille metri di profondità.
Oggi le esplorazioni hanno portato il suo sviluppo topografico a oltre sette chilometri complessivi, e le campagne speleologiche continuano a dare risultati.
A poca distanza si apre un altro mastodonte, la Sfonnatora Tornieri, meglio nota come Abisso Cul di Bove. È stata esplorata fino alla profondità di 906 metri, dove un sifone molto stretto, perennemente allagato, impedisce di proseguire anche con l’ausilio di bombole.
In pieno territorio del Parco si apre la grotta di Campo Braca, vero gioiello di morfologie sotterranee. Si tratta di un condotto di attraversamento che mette in comunicazione la piana di Campo Braca con il grande campo carsico del Lago Matese. La grotta è resa particolarmente spettacolare dalla presenza di sale e laghi, meandri e cascate, stalattiti e stalagmiti. Sebbene tutta la cavità presenti difficoltà che la rendono improponibile a una visita turistica classica, il suo tratto iniziale è accessibile a chi voglia cimentarsi con la speleologia.
Nei pressi di Letino, oltre la diga che sbarra il corso del fiume Lete, l’inghiottitoio del Cavuto è l’accesso a un altro traforo carsico. Attraverso questa grotta le acque del Lete attraversano il calcare del Monte Favaracchi e si gettano con una suggestiva cascata nella vertiginosa Rava di Prata, per poi confluire nel Volturno.
E poi ci sono le grotte cosiddette minori, come l’inghiottitoio di Campo Rotondo, che alimenta le sorgenti del Lete, l’inghiottitoio del Sava presso Gallo, quello della Pincera presso Castello matese, e le tante risorgenze, sia in quota sia a valle. L’ambiente di grotta è immutabile, perennemente avvolto da un buio assoluto. Qui l’orologio non ha senso. Percorrere una grotta equivale a compiere un viaggio nel tempo. E sul Matese è un viaggio possibile, ad esempio frequentando un corso di speleologia, che consente di assaggiare il sapore dell’esplorazione autentica, o diventare direttamente esploratori, scoprire regioni remote e dare loro i nomi. La speleologia è davvero l’ultima frontiera dell’esplorazione geografica.
L’avventura continua anche in superficie.
Le forre del Matese sono ambienti del tutto peculiari: profonde incisioni nel calcare sono percorse dai torrenti che le hanno scavate. Anche i canyon richiedono esperienza e attrezzature adeguate, ma nel territorio del parco è possibile visitarne una appositamente attrezzata, la Gola di Caccaviola. Mediante cavi collaudati e sicuri, e con l’accompagnamento di guide specializzate, è possibile vivere un’esperienza indimenticabile. I salti e le cascate vengono discesi utilizzando teleferiche e carrucole, i laghi vengono superati con comodi traversi. Il viaggio dura diverse ore, e consente di portare a casa ricordi indelebili.
Le innumerevoli forme carsiche di questa montagna sono un terreno di gioco, di studio e di esplorazione a trecentosessanta gradi.